Raggiungere la parità di genere non è solo una questione di giustizia sociale, ma una leva strategica concreta per la crescita e la competitività delle imprese. I dati parlano chiaro: le aziende che investono nell’inclusione ottengono risultati migliori in termini di produttività, innovazione e attrazione di talenti. Ecco perché colmare il gender gap conviene davvero.
C’è una grande opportunità che molte aziende stanno ancora sottovalutando. Non riguarda una nuova tecnologia né un’area di business emergente, ma ha lo stesso potenziale rivoluzionario: si chiama parità di genere. Non più solo un obiettivo etico o una questione di reputazione, ma una vera e propria strategia di crescita.
Uno studio realizzato da Arel (Agenzie di Ricerche e Legislazione), lo dimostra con chiarezza: le imprese che investono nella parità tra uomini e donne crescono di più, sono più innovative, trattengono meglio i talenti e si adattano più rapidamente al cambiamento. In un contesto in cui attrarre competenze è sempre più difficile, ignorare questa leva è semplicemente miope.
Gender Gap: un freno alla produttività
I numeri del Gender Equality Index 2024 non lasciano spazio a dubbi: l’Italia ha raggiunto 69,2 punti su 100, guadagnando terreno rispetto al passato e registrando il miglior progresso nell’ultimo decennio tra tutti i Paesi dell’UE. Tuttavia, restiamo 14esimi in classifica, ancora al di sotto della media europea. E soprattutto, ultimi nell’area “Lavoro”: un segnale preoccupante, che riflette una partecipazione femminile ancora troppo bassa e una forte segregazione sia settoriale che contrattuale.
Nel concreto, questo si traduce in salari più bassi, carriere interrotte e un persistente divario di genere, soprattutto nei settori STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica). A cinque anni dalla laurea, le donne guadagnano in media oltre 200 euro al mese in meno rispetto agli uomini. Il gap salariale cresce con l’età: nella fascia 45-54 anni arriva a toccare il 14,5%, complice la scarsa presenza nei ruoli apicali e il peso ancora sbilanciato della cura familiare.
Ma questo non è solo un problema di giustizia sociale: è un problema di efficienza economica. Il tasso di occupazione femminile è ancora quasi 20 punti percentuali inferiore a quello maschile. E mentre le donne escono dal mercato del lavoro, oltre 300.000 posizioni in ambiti tecnici e produttivi restano scoperte. Un paradosso che frena l’innovazione, limita la competitività e impoverisce il potenziale delle imprese italiane.
La parità di genere fa bene al business
Secondo lo European Institute for Gender Equality, la scarsa partecipazione femminile al lavoro ha causato una perdita di quasi il 3% del PIL europeo. È un freno macroscopico alla competitività dei paesi — e quindi anche delle loro imprese.
Al contrario, lo studio sopracitato mostra che le aziende più inclusive registrano performance migliori in termini di produttività, innovazione e retention dei talenti. Non si tratta solo di offrire pari opportunità: si tratta di mettere ogni persona nelle condizioni di esprimere il proprio valore al massimo. È un investimento che ritorna e che rafforza la resilienza dell’organizzazione nel lungo periodo.
Cosa possono fare le aziende, concretamente
Ogni impresa ha la possibilità — e la responsabilità — di contribuire concretamente alla parità di genere. Non servono grandi proclami, ma azioni strategiche concrete e coerenti, che possono fare davvero la differenza. Ad esempio:
- Promuovere la condivisione della genitorialità: estendere i congedi parentali anche ai padri aiuta a ridurre l’impatto che la maternità ha sulle carriere delle donne, alleggerendo il peso di un compito spesso esclusivo.
- Favorire la trasparenza salariale è un altro passo cruciale: analizzare e rendere pubblici i dati interni permette di individuare e correggere eventuali divari retributivi, costruendo fiducia e giustizia.
- Incoraggiare una leadership inclusiva, promuovendo più donne nei ruoli apicali, non solo migliora il processo decisionale ma trasforma anche la cultura aziendale in un ambiente più equo e dinamico.
- Investire in formazione mirata è indispensabile: offrire programmi di mentoring e creare percorsi di crescita interni sono leve fondamentali per valorizzare il talento e colmare il gap di competenze.
Un segnale importante in questa direzione è rappresentato dall’avvio del Sistema di certificazione della parità di genere, pensato per incoraggiare le imprese ad adottare politiche concrete e sostenibili per l’empowerment femminile.
Impegnarsi per ottenere questa certificazione significa molto più che adempiere a un obbligo formale: è l’inizio di un percorso virtuoso verso una cultura organizzativa più inclusiva, competitiva e capace di valorizzare appieno il contributo delle donne in tutti i livelli aziendali.
Dal vantaggio competitivo al futuro sostenibile
Il mondo del lavoro sta attraversando trasformazioni profonde, e le aziende che guardano avanti ne sono consapevoli.
Investire nella parità di genere non è soltanto una questione di equità, ma un’opportunità concreta per costruire organizzazioni più resilienti, innovative e capaci di affrontare le sfide che il futuro ci presenta. Questo vantaggio si riflette non solo nei valori aziendali, ma anche nei risultati economici, nelle strategie di crescita e nella solidità stessa della struttura organizzativa. E in un contesto così urgente e competitivo, il tempo per agire non è domani: è adesso.